Dipendenza Affettiva - Può esserci un vincitore?
Ok, diciamocelo chiaro e tondo: c’è davvero qualcuno che non sa assolutamente nulla del processo che vede protagonisti Amber Heard e Johnny Depp? Nemmeno un dettaglio?
Il loro è diventato il caso mediatico per eccellenza e non c’è un social o una testata giornalistica che non ne stia parlando. Soprattutto, ognuno di noi ha almeno un amico o un conoscente inorridito dal dito mozzato di Johnny Depp o dalle presunte feci di Amber Heard lasciate sul letto.
Chissà, probabilmente questa è una delle ragioni principali per cui questo processo è così tanto seguito: sotto sotto, tutti gli appassionati stanno aspettando di vedere quali livelli di tossicità è in grado di raggiungere questa coppia. A dirla tutta, gran parte del web ha già espresso il proprio sostegno verso l’amatissimo pirata dei caraibi attraverso l’hashtag #justiceforjohnny, per molti la vera “vittima” della relazione.
Eppure ha senso individuare un unico responsabile in una coppia così distruttiva? È effettivamente possibile tifare per una delle due parti quando si è di fronte ad un rapporto di cosiddetta “dipendenza affettiva”?
Questo termine è ormai diventato un po’ di moda, anche se viene utilizzato un po’ impropriamente. Qualsiasi rapporto, infatti, implica una percentuale, seppur minima, di dipendenza. Si tratta di una caratteristica intrinseca di qualsiasi relazione affettiva, che sia amorosa, amicale o familiare. Se pensate che, non appena messi al mondo, ci ritroviamo in una condizione di totale dipendenza dal nostro caregiver, questo la dice lunga…
Detto questo, è altrettanto vero che ci sono dipendenze più o meno patologiche. E quando una coppia raggiunge tali livelli di violenza fisica, verbale e psicologica, oltre a domandarsi perché non si sono ancora lasciati bisognerebbe chiedersi… Perché si sono scelti?
Rimanendo volutamente generici, la maggior parte dei siti web descrive la “dipendenza affettiva” in questo modo: da un lato abbiamo il predatore, il quale incarna gran parte (se non tutte) le caratteristiche del disturbo narcisistico di personalità, mentre dall’altra c’è la preda, ovvero la “povera” vittima della situazione, caduta nelle grinfie di un “mostro” che non vuole altro che alimentare il proprio ego. Sembra quasi di trovarci di fronte ad una favola di Esopo, in cui il lupo è un subdolo ammaliatore che attraverso spudorate tecniche di “love bombing” e “ghosting” tenta in tutti i modi di assorbire energie vitali da un inerme agnellino che, secondo il DSM-5, avrebbe un disturbo dipendente di personalità.
Una dinamica che, tuttavia, tralascia completamente la responsabilità dell’agnellino. Che cosa ci faceva lì? Perchè è rimasto fermo a subire? E soprattutto, cosa rendeva il lupo così affascinante ai suoi occhi?
Per quanto le rispettive caratterizzazioni possano sembrare all’apparenza più o meno azzeccate nella maggior parte dei casi, tendono a perdere di vista il punto più umano, quello che spinge il lupo e l’agnellino a cercarsi, ad incontrarsi e a stare insieme a tutti i costi: la percezione di un senso di vuoto che nasce da una profonda incapacità di amare sé stessi e colmabile solo attraverso la presenza dell’altro.
Che si tratti del bisogno di sentirsi validi, di essere guidati, di confermare la propria grandiosità o di rifuggire la solitudine, ciò che rende il rapporto “tossico” è proprio il mettere queste necessità inesplorate al primo posto. Questa situazione porta a rendere i confini tra l’amore e l’istinto di sopravvivenza confusi e a richiedere disperatamente all’altro, che sia attraverso modalità più prevaricatorie o sottomesse, di soddisfare quel bisogno di amore che non siamo in grado di dare a noi stessi.
E qui torniamo a Johnny Depp e Amber Heard. Abbiamo ascoltato in queste settimane lunghi audio in cui molti sono rimasti a bocca aperta nel sentire alcune rivelazioni. A lei che urlava frasi come “You’re such a baby, grow the f**k off!” si contrapponevano le risposte “I love you, I’ve always loved you and I will love you forever”. Un dialogo che può sembrare impari all’apparenza ma che, in realtà, denota un’uguale mancanza di amore verso di sé, su cui i due protagonisti dovrebbero lavorare a prescindere da quale sarà l’esito di questo lungo ed estenuante processo.