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Facciamo presto - Il perfezionismo maladattivo

Ormai il fenomeno di Carlotta Rossignoli è davvero sulla bocca di tutti: giovane ragazza prodigio laureata in medicina a soli 23 anni nonostante le mille attività extra-scolastiche, tra cui escursioni in montagna, palestra e tv. Una vita talmente piena di successi da aver portato alcuni compagni di corso a mettere in discussione la sfilza di 30 e lode e inviare una lettera di protesta al San Raffaele. Chissà se è davvero tutto oro quel che luccica? Quello che però a noi interessa capire è… Da dove nasce tutta questa fretta?


Carlotta è la perfetta rappresentazione di una società perfezionista e competitiva che non fa altro che chiederti di correre. Un’eterna maratona in cui non è chiaro verso dove siamo diretti o da dove stiamo partendo, né tantomeno cosa stiamo provando durante il viaggio. Porsi tutte queste domande diventa perfino inutile, perché tanto non c’è tempo.

Sarà possibile fermarsi un istante solo e quando le richieste della società saranno completamente soddisfatte, ovvero quando saremo “realizzati”. Il problema, però, è proprio questo: a cosa ci riferiamo oggi quando parliamo di “realizzazione personale”?


Nonostante questa corsa estenuante faccia sentire vivi e produttivi, dall’altra crea un senso di spaesamento e vuoto: perché e, soprattutto, per chi sto correndo?


Quando visualizziamo quel vuoto, è l’inizio della fine. Ci si rende improvvisamente conto di essere incastrati in un processo su cui non si ha più alcun controllo e in cui fermarsi significa dover affrontare l’angoscia di rimanere indietro.


Un’angoscia che ha conseguenze non solo su di sé, ma anche sulle relazioni: come è possibile condividere riflessioni, dubbi o disagi se questa paura è innominabile e l’unica cura possibile prevede che si continui a correre piuttosto che fermarsi e scavare?


Non a caso, uno dei trattamenti terapeutici proposti da Paul Hewitt, massimo esperto di perfezionismo, consiste proprio nel cercare di interrompere questa “corsa” attraverso l’individuazione dei “trigger” e delle cause che portano a reagire con un perfezionismo maladattivo. Questo significa imparare a concedersi il tempo di guardarsi dentro, capire quali siano le dinamiche interne che si innescano nei momenti di maggiore vulnerabilità, oltre che darsi modo di comprendere anche quali siano le modalità relazionali che sono state apprese durante l’infanzia e che hanno portato alla convinzione che essere perfetti per sé stessi e gli altri sia essenziale.


Quindi, Carlotta Rossignoli ha sicuramente corso. Tanto. Troppo? Questo dipenderà da come sfrutterà il “guadagno” di tempo. Se lo userà per correre ancora più velocemente o, al contrario, riscoprirsi nell’impossibilità di avere il controllo su tutto e, di conseguenza, accettare l’indeterminabilità della vita.


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