La paura di vivere spiegata attraverso "Coraline", la nuova canzone dei Måneskin
Che piacciano o meno, i Måneskin sono riusciti a far parlare di sé anche quest’anno. La loro nuova canzone, “Coraline”, colpisce dritto al cuore con un motivetto dolce e malinconico. Basta ascoltarla una volta sola per ritrovarsi a canticchiare tra sé e sé "dimmi le tue verità”. Di quali verità stiamo parlando?
Coraline ci viene descritta come una donna “bella come il sole”, oltre che una “guerriera dal cuore zelante”. Ecco che compare sin da subito un interessante ossimoro: il guerriero è colui che, impavido, oltrepassa le barriere, noncurante dei pericoli, mentre chi agisce con zelo è attento, scrupoloso, solerte. Già a partire da questo passaggio, viene quindi sottolineato un aspetto presente in tutti noi: la spinta alla vita, all’esplorazione, al rischio, che fa a botte con il bisogno di una guida e delle regole da seguire. In sintesi, la voglia di buttarsi nel mondo chiedendosi nel frattempo: “Ce la farò o sarà un fallimento?”.
“Con il cuore che è diviso in due metà”, Coraline scruta e osserva ciò che le accade attorno. Il suo approccio curioso viene appena accennato, lasciando piuttosto spazio ad un’immagine molto nitida: “Se senti le campane suonare, vedrai Coraline che piange, che prende il dolore dagli altri e lo porta dentro lei”. In questa descrizione, emerge un elemento fondante della vita: il confronto con gli altri comporta sempre una quota di sofferenza da cui non si può scappare. Non sappiamo a cosa i Måneskin si riferissero con questa frase: che Coraline fosse particolarmente sensibile al giudizio altrui? Che abbia subìto forme di prepotenza? Oppure qualcuno le può aver detto che, come cita la canzone, “non vale niente”? L’unica cosa che sappiamo è che siamo destinati a stare male, a prescindere dai modi in cui ciò avviene. È allora che sorge la paura: un’emozione che si insinua nel profondo e che può tramutarsi in una insormontabile barriera tra noi e la vita che vorremmo.
“Lei sa la verità, non è per tutti andare avanti. [...] È una bambina, però sente come un peso e prima o poi si spezzerà”. Una volta conosciuto il panico, affermarsi diventa sempre più difficile. Il peso della differenza con gli altri, così come quello delle aspettative poste su di sé, grava sul cuore in modo insostenibile. Si ritorna, quindi, al contrasto iniziale: da una parte c’è la spinta a vivere e, dall’altra, il timore di uscire allo scoperto, rischiando di non essere accettati e amati per quello che si è. Come possiamo allora evitare di spezzarci? Semplice: rimanendo al sicuro nella propria stanza. “Non riesce neanche ad uscire da una misera porta. Ma un giorno, una volta, lei ci riuscirà”.
Quando e come ci potrà riuscire? Solo trovando il coraggio di affrontare il mondo là fuori. Ma la paura è troppa e “ogni parola è un’ascia, un taglio sulla schiena” che ci conferma, attraverso il confronto con gli altri, di non essere abbastanza. Si ripiega allora sulle proprie speranze che qualcosa cambi, pur stando al riparo tra le mura di casa. La frustrazione si accumula e si comincia a puntare il dito verso l’esterno: è colpa della gente se sono rinchiuso qui, è il mondo che non mi capisce e non mi accetta per quello che sono. Eppure, in fondo al proprio cuore, si è consapevoli che questa è stata prima di tutto una nostra scelta. Del resto, “si vuole il mare, ma si ha paura dell’acqua”. Si perde il contatto con la realtà, diventando sempre più in balia delle proprie angosce, cercando di sopportare quel “fiume in piena” che ormai risiede dentro di noi.
A quel punto, la propria “gabbia” diventa l’unico luogo rassicurante in cui rifugiarsi, dove il tempo si ferma e Coraline può “sparire”. A nulla servono le promesse di un cavaliere: “Capirò cosa hai dentro [...] e in cambio non chiedo niente, soltanto un sorriso [...] solo un po’ di tempo. Sarò vessillo, scudo o la tua spada d’argento”. Non si rende conto che Coraline è diventata l’ombra di sè stessa e non può dargli quello che chiede. Non è più capace di sorridere dal momento che non ha sperimentato la vera gioia. Il tempo per lei non esiste più: non c’è passato o futuro, solo il presente della sua camera in cui può evadere dalle difficoltà della vita. Ormai le è rimasto un solo desiderio: quello di rinchiudersi in “un castello, con mura talmente potenti che se ci vai a vivere dentro non potrà più colpirti niente”.
Coraline, come tutti coloro che soffrono della paura di vivere, non si è data l’opportunità di sperimentare le due facce della medaglia. La diversità dagli altri porta solitudine e dolore, ma anche gioia, sperimentazione, senso di crescita. Quello stesso distacco che è motivo di sofferenza l’avrebbe anche costretta a guardarsi meglio, a vedere i propri contorni più definiti e a costruirsi un senso di identità più solido. Testando la propria vulnerabilità, avrebbe scoperto le proprie debolezze, ma anche i propri punti di forza. Sperimentare il senso del rischio le avrebbe fatto provare l’ansia di toccare il fondo, ma anche di risalire e di imparare a vincere. Coraline ha preferito farsi guidare dalla paura per evitare di soffrire, non capendo che le vere soddisfazioni arrivano proprio quando si impara a dominarla.