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Ma tu cosa ne pensi? - Una gara tra opinioni

Gli audio della sedute di psicoterapia pubblicati da Fedez hanno diviso non solo il pubblico, ma anche svariati colleghi psicologi e psicoterapeuti. I due gruppi possono essere sommariamente suddivisi in questo modo: da una parte abbiamo chi sostiene che il rapper abbia fatto bene, soprattutto se ha sentito che ne avrebbe potuto trarre un qualche giovamento. Dall’altra chi, al contrario, ritiene che l’intento di “normalizzare” la psicoterapia celasse in realtà la sua incapacità patologica di conservare una sfera privata.


Più di una persona mi ha contattata in privato, suggerendomi di scrivere un articolo a riguardo, chiedendomi di prendere una posizione. “Sei psicologa e hai una pagina Instagram, devi dire la tua. È importante”.

In quei momenti, mi sono ricordata di quando andavo all’università. C’ero io, poco più che ventenne, circondata da persone very opinionated, solitamente in conflitto su uno specifico tema a partire dal quale si creavano due gruppi con visioni diametralmente opposte.


Altrettanto solitamente io mi trovavo nel mezzo. In quei momenti, sentivo un’ansia crescere dentro di me… Da che parte mi schiero? Oltretutto, dovevo difendere la mia scelta con delle argomentazioni convincenti, che dimostrassero che ero interessante, interessata, sveglia, arguta e forte di carattere.

Eppure, nonostante ci mettessi molto impegno ad approfondire i vari argomenti e a raccogliere più informazioni possibili, spesso di opinioni finivo per non averne mezza. Soffrivo molto: l’idea di essere giudicata una professionista mediocre con una personalità nè carne nè pesce mi terrorizzava.


Mi dicevo “Forse è l’ambiente di psicologia che è così… Forse le cose cambieranno”.

Invece no. Le cose non sono mai cambiate.

Capii presto che il bisogno di crearsi un’opinione e, insieme a questa, l’ansia di dover prendere parte a qualcosa, non è legato ad una disciplina, ma si tratta di qualcosa di profondamente umano. Del resto, è ciò su cui gran parte dei personaggi dello spettacolo giocano per far parlare di sè. Ad esempio, in queste ore Fedez ha appena detto che “Non risponde ai maiali”, non rendendosi conto (o forse sì?) che sta comunque dando una risposta a coloro che non lo hanno supportato nella sua decisione, proseguendo così un circolo fatto di gossip e clickbait.


Insomma, alla me ventenne direi di non farsene un cruccio, perchè non è cambiato proprio nulla e, in questa situazione più che mai, continuo a non avere un giudizio netto a riguardo.


Però in questi anni una cosa l’ho imparata: la capacità di argomentare i motivi che sottostanno dietro l’incapacità di prendere una posizione.


Ad esempio, in questo specifico caso la motivazione è che non vedo conseguenze terrificanti per nessuno. Cercherò di esporre il mio pensiero al meglio delle mie possibilità:


  • Sono d’accordo con il fatto che questo gesto non normalizzi la terapia. Si tratta dell’esibizione di un momento molto privato, che poco ha a che fare con noi ascoltatori. Soprattutto, l’audio è focalizzato sulla soggettività del momento più che sulla terapia in sè, pertanto è difficile che possa lanciare un messaggio su larga scala. Quindi sì, penso che sicuramente Fedez fosse spinto da un bisogno soprattutto personale… Allo stesso tempo, però, non ci vedo nulla di male in questo.

  • Sono altrettanto d’accordo, infatti, con coloro che ritengono che questo fosse stato il suo modo di gestire la propria sofferenza. Forse è vero che non è in grado di crearsi una sfera privata, ma non essendo io la sua terapeuta non so se questa sia effettivamente una sua priorità. Soprattutto, noi non siamo qui per stabilire quale sia il “giusto” livello di riservatezza. Le situazioni vanno guardate caso per caso e Fedez ha sempre esposto tutto sui social, perfino alcuni momenti di intimità con i figli. Quindi è coerente con la persona (o il personaggio) che mostra tutti i giorni sui social.

  • Alcuni temono che, essendo lui così influente, rischia di promuovere una cultura dell’esibizionismo in cui molti potrebbero cominciare aprenderlo ad esempio e a diffondere spezzoni del proprio percorso terapeutico. Questo, però, lo credo meno. Siamo già immersi in una cultura dell’esibizione con tutte le scarpe e se anche alcuni provassero a fare ciò che ha fatto il rapper, finirebbero poi comunque per prendere le misure con il loro bisogno o meno di crearsi una sfera privata, anche soffrendo. Perchè, alla fine, sempre lì si va a parare: le coordinate del nostro benessere sono sempre profondamente soggettive.


Quindi… È importante crearsi un’opinione? Forse è più importante dire che non è necessario averne solo una. Che se ne possono avere tante, piccole, che si mischiano l’una con l’altra. Si potrebbe quasi parlare di un dialogo tra posizioni diverse.


Eppure, spesso è proprio questo dialogo che viene a mancare. Presi dall’ansia di doversi schierare, ci si dimentica che c’è la possibilità di costruirsi una visione propria, prendendo spunti da più elementi. E che anche il non assumere una posizione è essa stessa una posizione, altrettanto rispettabile.


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