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Obesità e Disturbi Alimentari - Perchè sono separati?

Alcuni di voi si ricorderanno che il 4 marzo si è svolta la Giornata Mondiale dell’Obesità, mentre il 15 marzo si è tenuta la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai Disturbi del Comportamento Alimentare. Viene da chiedersi… Ma perché questi due giorni vengono tenuti separati?


Quando si va a consultare la “bibbia” di tutti gli psichiatri del mondo, ovvero il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), questo cita: “L’obesità (eccesso di grasso corporeo) è il risultato di un introito di calorie continuato nel tempo ed eccessivo rispetto al consumo individuale. Una serie di fattori genetici, fisiologici, comportamentali e ambientali, che variano tra gli individui, contribuisce allo sviluppo dell’obesità, quindi l’obesità non è considerata un disturbo mentale”.


Per quanto possa avere senso, non credo sia una spiegazione del tutto esauriente.


Non ho assolutamente intenzione di mettermi contro l’American Psychiatric Association, tuttavia ritengo che ragionare in termini di categorie porti sempre allo stesso risultato: ci si focalizza sul punto di arrivo, perdendo così di vista il punto di partenza.


Per quanto infatti si utilizzi il termine “obesità” per riferirsi soprattutto allo stadio finale di un lungo processo di trasformazione, è altrettanto vero che la cattiva alimentazione che accompagna questo percorso è, in molti casi, rappresentativa di un più profondo disagio psicologico.


Tutti i disturbi dell’alimentazione hanno in comune una sofferenza che, a seconda della situazione, si manifesta attraverso la manipolazione del cibo in modalità opposte seppur in qualche modo speculari.

Prendiamo ad esempio il tema del controllo, inteso come gestione della propria angoscia. Coloro che soffrono di anoressia e bulimia cercano di controllare le proprie emozioni privandosi degli alimenti o tramite forme di evacuazione come vomito e/o lassativi. Nel caso dell’obesità, al contrario, i propri vissuti di inadeguatezza vengono soppressi proprio attraverso il piacere del cibo, la cui sensazione di benessere li porta ad eccedere nelle quantità.


Inoltre, sappiamo bene quanto quel tormento interiore possa essere alimentato anche da fattori sociali. Nonostante alcune cose stiano cambiando, ancora oggi vige la cultura del “magro è bello”, con la società che non fa che proporre standard di bellezza irraggiungibili. Ancora una volta il disagio posto da questo confronto viene affrontato in maniera opposta, pur partendo da una comune simmetria emotiva. Da una parte, infatti, questi modelli alimentano le tendenze perfezionistiche di chi soffre di anoressia e bulimia, i quali diventano ancora più intransigenti verso i propri difetti. Dall’altra, chi è obeso ha a che fare quotidianamente con il paragone tra ciò che si è e ciò che il mondo ci suggerisce di essere, il che innesca un circolo vizioso in cui il cibo diventa la soluzione più immediata ai propri problemi.


Al di là delle differenze, entrambe le categorie partono quindi da una sofferenza ben più profonda, che si tenta di affrontare con modalità diverse pur sfruttando l’elemento comune del cibo. Eppure, l’obesità viene solitamente sottovalutata, se non addirittura derisa. Chi è gravemente sovrappeso, infatti, viene considerato pigro, scansafatiche, nonché debole di fronte alle tentazioni ipercaloriche poste dalla società. Per questo di solito, di fronte ad un aumento dell’incidenza dell’obesità, si cerca di proporre soluzioni esterne: aumentare le ore di ginnastica, rimuovere il cibo spazzatura dalle macchinette o produrre bevande ipocaloriche come la coca zero.

Per quanto questi stratagemmi abbiano una loro utilità, sono modi alternativi di non andare al cuore del problema, ignorando così un vissuto di sofferenza tanto considerevole quanto quello presente nei disturbi alimentari come anoressia e bulimia.


Adottare soluzioni esclusivamente esterne non può essere la soluzione finale, proprio perché il lavoro più importante è quello fatto a partire dalle vulnerabilità del soggetto. Solo così si può diventare più solidi e immuni ai pregiudizi, al compatimento, agli stereotipi e alle discriminazioni e imparare ad esprimere amore verso sé stessi anche attraverso la cura del corpo. È bene tuttavia ricordare che chi soffre di obesità e chi di altri disturbi alimentari condividono la stessa battaglia. Focalizzarsi solo sulle differenze porta ad ignorare gli strati più profondi di sofferenza che accomuna le due categorie e a trattare i soggetti che soffrono diversamente. È così che la Giornata Mondiale e Nazionale dei Disturbi Alimentari e la Giornata Mondiale dell’Obesità vengono ancora oggi fissate in giorni diversi.


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