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TikTok e cervello - Essere genitori nel 2022

Secondo un interessante articolo pubblicato dal Wall Street Journal, i bambini hanno sempre più difficoltà a dedicarsi ad attività che richiedono una maggiore concentrazione a causa dell’utilizzo di social come TikTok. Sembra infatti che la continua esposizione a repentini video della durata di 15 secondi abitui il cervello a stimoli sempre più fulminei, rendendo così intollerabili anche solo 10 minuti di video su Youtube.


Ciò accade perché la corteccia prefrontale, ovvero l’area cerebrale deputata all’attenzione, non è completamente sviluppata fino ai 25 anni, motivo per cui i bambini di solito fanno così fatica a mettere giù il controller e spegnere la PlayStation. Oltre a questo, il continuo susseguirsi di video crea una particolare assuefazione a causa del rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore deputato a trasmettere una sensazione di benessere ogni volta che si svolge un’attività piacevole, come ad esempio mangiare un cibo gustoso.


Da questo punto di vista, TikTok si conferma quindi essere una vera e propria “macchina della dopamina” che, se utilizzata in modo continuo e prolungato, “danneggia” la capacità di elaborare stimoli meno immediati e gratificanti. Gli esperti concordano quindi che se si vuole ottenere un aumento nei livelli di attenzione è necessario investire maggior tempo nella vita “reale”, ad esempio dedicando i doposcuola e i weekend ad escursioni in famiglia, gite al parco o altre attività sportive.


Eppure, la questione non è così semplice. Come infatti affermato dall’etico della tecnologia James Williams,È come se avessimo fatto vivere i bambini in un negozio di caramelle per poi dire loro di mangiare un piatto di verdure. I bambini ormai sono abituati agli stimoli dei social che, tra le altre cose, hanno sempre a portata di mano. Oltre a questo, l’ambiente circostante e le relazioni incentivano ad utilizzare continuamente il telefono.


Un portavoce di TikTok ha affermato che l’azienda ha intenzione di disciplinare gli adolescenti più giovani attraverso la promozione di abitudini digitali positive, come ad esempio non inviare notifiche dopo le 9 di sera ma, piuttosto, inviti a prendersi una pausa e ad uscire più spesso. Tuttavia sorge un dubbio, soprattutto alla luce dell’assuefazione che dà il social in questione: queste misure sono sufficienti? A ciò si aggiunge un altro dilemma… Come si fa ad essere genitori nel 2022?


Siamo infatti abituati a mamme e papà che puntano il dito proprio verso questa continua evoluzione tecnologica in cui i telefoni e i social dominano le nostre vite, accusando soprattutto i giovani di essere i primi colpevoli per il fatto stesso di farne uso. Ma considerando la velocità con cui le cose stanno cambiando, ha ancora senso non considerare il mondo digitale come parte del “reale”? Se fossero i genitori a dover imparare ad adattarsi?


Pensiamo ad esempio al crescente metaverso, un mondo parallelo interamente online fatto principalmente di interazioni tra avatar. Per quanto ai più possa apparire come qualcosa di distante anni luce, le big del tech hanno già espresso il loro interesse e comprato terreni su cui investire. Ciò significa che, con molta probabilità, questo universo riguarderà ben presto tutti noi in prima persona.


Sebbene il metaverso possa essere considerato l’esempio più estremo di questa costante innovazione tecnologica e digitale, è anche vero che le reazioni che suscita non sono troppo diverse da quelle che vediamo quotidianamente verso i social: distacco, inquietudine e, per certi aspetti, paura. È giusto ignorare e delegare tutto all’immaturità dei figli o a una loro presunta mancanza di forza interiore? E se fossimo noi quelli fuori dal mondo? Forse anche l’educazione ha bisogno di progredire e stare al passo con una società in continua evoluzione.


Se da una parte i social dovrebbero essere regolamentati, dall’altra forse bisogna scendere a patti con il fatto che il mondo sta cambiando e che ci si può fare ben poco. Tuttavia, in questa atmosfera di incertezza, la conoscenza del funzionamento cerebrale di fronte a stimoli tecnologici può aiutare a diventare genitori più partecipi e attenti. Ciò significa portare ciò che si è imparato nella propria vita “reale” nella relazione con il figlio, pur adeguandosi al contesto storico “digitale” che sta vivendo, senza quindi ripudiare quella parte di realtà che sembra così aliena ma cercando comunque di porre dei limiti. Tutto questo si traduce in accettare che, per quanto possa spaventare, i sistemi di riferimento cambiano e che è sempre più necessario spogliarsi delle proprie certezze, trasformando una distanza generazionale in una vicinanza che può aiutare ad affrontare questa società in continua evoluzione insieme, come una squadra.

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